Archivio Autore: Alice Roobbiani

el Purgatòri

Complesso nel tratto iniziale orientale di Vícolo Busbái (44), sul lato sinistro. È stato a più riprese ampliato e ristrutturato. Ad esempio una bella porta medievale che si trova ora all’interno del ristorante «Pinocchio» era certamente un tempo una porta di accesso a questo luogo, con cortile antistante. L’ala sud era in origine formata da almeno tre case contigue del tipo a torre; lo testimoniano gli appartamenti odierni, su un piano orizzontale, che presentano dislivelli tra un locale e l’altro. Ora è di proprietà di una famiglia Porta. Una di queste case contigue fu ottenuta dal lattoniere Remo Porta dai Mazzi in cambio di gronde alla Ca dala Flòra (68), da questi appena comperata. Il luogo è menzionato in Vicari (1978, 28; monologo di Luigi Lorini). Secondo Remo Bettè, il nome indicherebbe piuttosto un gruppo di case diroccate nei pressi dello Zurígo (193).

la Piázza Repúbblica / la Piázza della Repúbblica

Minuscola piazzetta da dove partono Via Nosetto o Stráda de Scíma, Vícolo Cáir (73), Via delle Scuole e Via Vallona (78). Viene chiamata comunemente Piázza Repúbblica, anche se l’antica scritta dipinta su un muro indica «Piazza della Repubblica». La casetta tra il vicolo Cáir (73) e Via Nosetto, che dà sulla piazza, era proprietà di Bernardino Poroli (1883-1957), come quella di fronte, isolata, dove abitava il Nardín, Bernardino Poroli, con la famiglia. Un tempo, verso i Lorítt (16), sopra la Strécia di Cáir (73), c’era un barchétt. La piazzetta era luogo di convegno delle donne, le quali vi si recavano la domenica dopo la funzione del vespro a giocare a tombola; sedute sui gradini, giocavano al prezzo di un centesimo la cartella.

el Lavatòio

Lavatòio nella zona del Nusétt (55), al limite superiore dell’abitato, verso ovest. L’informante Mario Ceresa ricorda che «aveva due sezioni, la prima per il bucato e la seconda per la roba sporca». Non di rado il Lavatòio era luogo di liti accese, a tal punto che talune donne evitavano di frequentarlo di giorno e ci andavano di notte. Originariamente, la struttura era collocata in posizione più bassa e le donne vi lavoravano stando inginocchiate. La struttura fu poi rifatta più alta, ritenendo che potesse risultare più comoda, senza consultare le donne. Queste si lamentarono in quanto dopo l’intervento si poteva lavare stando in piedi, ma era necessario piegarsi in avanti. Si cercò quindi di rimediare aggiungendo predelle in legno sulle quali si poteva tornare a lavare in posizione inginocchiata. Secondo una lapide commemorativa, il Lavatòio fu costruito con l’aiuto dei ronchesi emigrati in Francia nel 1888 Martino e Cécile Zucconi. Esso era coperto da una tettoia in lamiera a due spioventi. Ora è in disuso sotto una infelice copertura in cemento armato.

la Capèla del Nusétt / la Capèla del Cármen

ACom 1899 Capp.la del Nosetto. Cappella al Nusétt, riattata e dipinta da Richard Seewald negli anni Quaranta, con una raffigurazione della Madonna che stende il manto sopra il paese di Ronco. Pare che un tempo attorno ci fossero alcune tombe. La maggior parte delle cappelle in territorio ronchese sono di proprietà privata. La denominazione Capèla del Cármen è sostenuta da Angelina Pantellini. Un cimitero del Carmine è menzionato nel 1800 (Fondo LPB).

la Ca di Pitúr 

Casa ancora oggi di proprietà dei Bertòla, ramo dei Bettè. L’ultima ad abitarci fu Linda Bettè, postina portalettere. Suo padre Amabile, il Mábil, gestì qui per molti anni l’ufficio postale stesso. Sulla destra del piccolo cortile, ci sono due piani di camere; in fondo una bella cucina antica con un grande camino e con oggetti di rame appesi alle pareti, provenienti dagli antichi proprietari Ciseri. Attraverso una scala si arriva sul barchétt, che conduce a un bel soggiorno ottocentesco interamente dipinto. Sul lato esposto verso il lago, una camera presenta un bel soffitto dipinto, attualmente in degrado. L’ufficio postale si trovava in un’altra ala della casa, quella immediatamente a destra del portone d’entrata, che costeggia il vicolo. Nel muro su Vícolo Busbái (44) è ancora visibile la nicchia dove si trovava la buca delle lettere dell’antica posta.

la Cása Císeri / la Ca di Císeri 

Senz’altro la più rappresentativa e anche la relativamente meglio conservata fra le case che Gilardoni (1979, 195) chiamò «borghigiane», antiche dimore di agiate famiglie patrizie. Di questo tipo, sempre secondo Gilardoni, ne devono essere sorte un tempo più di una dozzina. Oggi se ne conoscono ancora cinque o sei (Císeri, Roggero-Spigaglia, Materni de Scíma 66, la Ca di Pitúr 51), anche se alcune di esse hanno cambiato proprietario parecchie volte e subito trasformazioni non sempre felici. La Cása Císeri, ristrutturata nella forma attuale attorno al 1820, si trova sulla Piázza del Semitóri (5), all’angolo tra la Stráda de Fónd (10) e la Caraa (11); è una tipica casa ottocentesca, a due ali attorno al bel cortile. Sopra ampie cantine, in una delle quali è ancora conservato un forno, si trovano due sale affrescate, una cosiddetta ‘delle absidi’e l’altra dipinta a medaglioni con i personaggi dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Al primo piano si trova il cosiddetto ‘mezzanino’, piano più abbassato e con ciò meglio riscaldabile durante il periodo invernale. Al piano più alto, un bel ballatoio ad archetti murati su mensole di granito circonda l’edificio. Le ampie camere hanno pavimenti in cotto bicolore. Purtroppo il degrado, specialmente dei serramenti, è evidente. La casa è tuttora proprietà della famiglia, che l’ha suddivisa in cinque appartamenti da affittare. La famiglia Ciseri è stata la più illustre del paese. La figura di spicco fu quella di Antonio (1821-1891), che terminate le scuole a Ronco andò a raggiungere il padre che teneva bottega di decoratore a Firenze. Antonio Ciseri studiò pittura e arrivò a un notevole successo nella città Toscana. Sono tra l’altro sue opere il San Martino sull’altare maggiore della parrocchiale e una Deposizione alla Madonna del Sasso. I Ciseri non avevano soprannome; venivano chiamati Sciór e Scióra, quando era usanza generale dare del tu. Avevano a servizio una cameriera, una cuoca, un massaro e una donna per la campagna.

la Madòna / l Oratòri dala Madòna

APatr 1748 l’Oratorio della Madona delle Gratie; APatr 1830 la Chiesa della B.V. delle Grazie; E1947 Madonna. Oratorio della Madonna delle Grazie, situato nei pressi della chiesa parrocchiale (1). È un elegante edificio settecentesco, con un arioso portico antistante e un piccolo campanile a vela. L’esterno è stato restaurato recentemente, mentre le pitture interne sono ancora in attesa di un intervento (Gilardoni 1979, 210-212).

la Piázza del Semitóri

Piazza attorno alla chiesa di San Martino (1). Letteralmente ‘la piazza del cimitero’ (per la particolare forma fonetica, cfr. VSI III, 283-287), in quanto fu per molti secoli il luogo dove si seppellivano i morti di Ronco. In un rapporto della visita pastorale del vescovo Ninguarda del 1591 viene indicato che il cimitero si trovava dalla parte verso sud e verso ovest rispetto alla chiesa, recintato, ma senza cancelli (Plebani 1976, 23). Anticamente era in uso anche la deposizione in sepolcri all’interno della chiesa stessa. In San Martino (1) c’erano un sepolcro grande e uno piccolo, in San Rocco (2) ve ne erano due, uno alla Madonna delle Grazie (7). Si racconta che in quest’ultimo edificio fossero state seppellite persone morte a causa di epidemie. Infatti vi furono trovati resti di salme cosparse di calce e che portavano ancora le calze, suscitando l’impressione di una sepoltura messa in atto immediatamente. I defunti erano pure deposti nella chiesa di San Marco (197) a Funtána Martína (186) e attorno alla Madonna delle Grazie (7). Sono state trovate alcune tombe anche attorno alla Capèla del Nusétt, che era chiamata anche Cappella del Carmine (55). Un cimitero del Carmine è menzionato nei documenti (Fondo LPB 1850). Non si sa perché e in quali epoche si praticasse l’una o l’altra modalità di sepoltura. Dal 1750 fino alla seconda metà dell’Ottocento, un ossario sorgeva a nord della chiesa (Plebani 1976, 34). All’inizio dell’Ottocento, un decreto federale obbligò la costruzione di cimiteri al di fuori degli abitati. Il nuovo cimitero di Ronco accanto all’oratorio dell’Annunziata (136) sorse nel 1834 (Plebani 1976, 23).

la Cása Parrocchiále / la Sála Patrizziále

Casa al limite sud della Piázza del Semitóri. La parte sotto il livello della piazza è di proprietà della parrocchia ed era ancora recentemente abitata dal parroco. Al livello della piazza si trova la sala patriziale. Questa sala fu per molti anni sede della cancelleria comunale, fin quando quest’ultima traslocò al piano superiore del palazzo scolastico, e più tardi nel nuovo centro comunale. Qui si tenevano le riunioni della comunità, come l’assemblea comunale e quella patriziale, e le riunioni del municipio. La parete esterna verso est portava una campana con una corda, usata per chiamare alle riunioni.