Pianoro con acqua scarsa al cui approvvigionamento provvedevano i Pózz dala Vórp. Durante periodi di forti piogge vi si formava un laghetto, che veniva frequentato dai ragazzi per svago. Anticamente vi sorgevano un pozzo e una cisterna usata per raccogliere l’acqua piovana. Il territorio è qui in buona parte proprietà dei Lorini, in seguito a un raggruppamento dei terreni. Nel Novecento, Calz fu abitato in permanenza; più addietro, solo da marzo a novembre, essendo stato come tutti i monti sede di transumanza. Vi sono nei dintorni i resti di almeno cinque fornaci e tracce di cave. L’etimologia locale fa derivare questo nome da quello della calce.
Archivio Categoria: Toponimi
Monte basso, su un bel pianoro, con molti castagni. La madre dell’informante Elfo Lamberti ricordava che d’estate in questa zona c’era sempre molta ombra, grazie agli alberi poi tagliati.
Non vi è ricordo diretto di gra ‘essiccatoi di castagne’, ma lo potrebbero essere stati alcuni piccoli edifici appartati, al margine meridionale del pianoro. I castagni di Purán appartenevano di regola ai proprietari dei fondi su cui crescevano. Una prima parte di essi fu abbattuta nel 1914, una seconda negli anni Trenta e durante la seconda guerra mondiale. Ogni albero era venduto a cinque franchi, per l’estrazione di tannino. In questo luogo l’acqua non mancava; vi scorreva una róngia per l’irrigazione, che attraversava parte del pianoro. Una pila per la pulitura dell’orzo si trovava ancora alcuni anni fa dietro la casa Lamberti, a testimonianza di un’antica coltivazione di cereali.
Sorgente al limite orientale del pianoro di Purán. Vi ha tuttora sede un impianto di captazione d’acqua del comune.
Zona oggi denominata «Colle San Marco». Vi si accede percorrendo una strada carrozzabile che parte dal parcheggio di Pián Carignágh. Attualmente la sommità è adibita a zona di svago e ospita una piccola piscina per bambini. L’informante Elfo Lamberti ricorda che il nome fu scelto in riferimento all’intenzione di edificarvi una cappella in ricordo della chiesa demolita, e dedicata a San Marco, a Funtána Martína. La nuova cappella rimase però solo un progetto.
Monte intermedio dove in passato si tagliava poco fieno. Un tempo, la zona dalla Còsta fino al Nón era caratterizzata da prati, ora invasi dalla boscaglia. Vi avevano proprietà i Bettè, i Materni, i Sorazzi. In questo luogo si possono ancora contare almeno sette bei piani di terrazzamento, in parte sostenuti da muretti. L’acqua non mancava e vi sorgono tuttora grossi alberi di castagno.
Cappella lungo il Senté de Mèzz, dipinta in blu. È stata restaurata di recente. Sul sentiero sorge, in questo punto, una formazione rocciosa che funge da panchina; essa era ritenuta molto comoda per appoggiarvi la gerla carica, tanto che il luogo era considerato una sorta di sosta obbligata nel trasferimento verso le zone superiori.
I due sentieri principali che conducono ai monti presentano ciascuno due cappelle. In questo caso si tratta di una struttura lungo il Senté de Mèzz, in direzione del Nón e della Purèra. È tradizionalmente e tuttora di proprietà dei Poroli Bastone e porta all’interno una lapide commemorativa dedicata a un don Poroli, parroco di Brione sopra Minusio nell’Ottocento. La cappella è stata recentemente ristrutturata, purtroppo non nel rispetto delle antiche strutture.
Bella proprietà al limite occidentale dell’abitato tradizionale, anticamente appartenente a una famiglia Spigaglia e in seguito passata a una famiglia Pugni. Il termine locale grusnò significa ‘scoscendimento’, ‘frana’). Nella varietà dialettale locale, il termine grusnaa significa anche ‘fregare le padelle per pulirle’.
Albo comunale, Caffè narrativi, Circolo della creatività, Escursioni, Esperienze, Eventi in evidenza, Messaggi Municipali, Toponimi
MM 463-2024 – Richiesta di un credito di CHF 95’000.00 (IVA inclusa) per il riporto della rete degli acquedotti del Comune di Ronco sopra Ascona nel sistema GIS di SES SA
Notevoli campi che si estendevano dalla cappella omonima in direzione ovest, sotto il Senté del Materéll; furono coltivati a patate. All’informante Pino Maranesi è stata tramandata l’informazione di un’antica coltivazione della segale. Che la segale fosse coltivata lo testimoniano anche i numerosi forni che c’erano un tempo nel villaggio. Solo al Vaticáno ne sorgevano due, uno alla casa dei Cáir, un altro ancora dai Ciseri, uno al Barchétt del Ghèll, uno di là della Madonna delle Grazie, altri in ulteriori luoghi. Non trattandosi di un’elevazione, si è tentati di avvicinare questo nome al dialettale bataréll ‘bastone per la trebbiatura’, attestato in Leventina.