Sorgente al limite orientale del pianoro di Purán. Vi ha tuttora sede un impianto di captazione d’acqua del comune.
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Zona oggi denominata «Colle San Marco». Vi si accede percorrendo una strada carrozzabile che parte dal parcheggio di Pián Carignágh. Attualmente la sommità è adibita a zona di svago e ospita una piccola piscina per bambini. L’informante Elfo Lamberti ricorda che il nome fu scelto in riferimento all’intenzione di edificarvi una cappella in ricordo della chiesa demolita, e dedicata a San Marco, a Funtána Martína. La nuova cappella rimase però solo un progetto.
Monte intermedio dove in passato si tagliava poco fieno. Un tempo, la zona dalla Còsta fino al Nón era caratterizzata da prati, ora invasi dalla boscaglia. Vi avevano proprietà i Bettè, i Materni, i Sorazzi. In questo luogo si possono ancora contare almeno sette bei piani di terrazzamento, in parte sostenuti da muretti. L’acqua non mancava e vi sorgono tuttora grossi alberi di castagno.
Cappella lungo il Senté de Mèzz, dipinta in blu. È stata restaurata di recente. Sul sentiero sorge, in questo punto, una formazione rocciosa che funge da panchina; essa era ritenuta molto comoda per appoggiarvi la gerla carica, tanto che il luogo era considerato una sorta di sosta obbligata nel trasferimento verso le zone superiori.
I due sentieri principali che conducono ai monti presentano ciascuno due cappelle. In questo caso si tratta di una struttura lungo il Senté de Mèzz, in direzione del Nón e della Purèra. È tradizionalmente e tuttora di proprietà dei Poroli Bastone e porta all’interno una lapide commemorativa dedicata a un don Poroli, parroco di Brione sopra Minusio nell’Ottocento. La cappella è stata recentemente ristrutturata, purtroppo non nel rispetto delle antiche strutture.
Bella proprietà al limite occidentale dell’abitato tradizionale, anticamente appartenente a una famiglia Spigaglia e in seguito passata a una famiglia Pugni. Il termine locale grusnò significa ‘scoscendimento’, ‘frana’). Nella varietà dialettale locale, il termine grusnaa significa anche ‘fregare le padelle per pulirle’.
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Notevoli campi che si estendevano dalla cappella omonima in direzione ovest, sotto il Senté del Materéll; furono coltivati a patate. All’informante Pino Maranesi è stata tramandata l’informazione di un’antica coltivazione della segale. Che la segale fosse coltivata lo testimoniano anche i numerosi forni che c’erano un tempo nel villaggio. Solo al Vaticáno ne sorgevano due, uno alla casa dei Cáir, un altro ancora dai Ciseri, uno al Barchétt del Ghèll, uno di là della Madonna delle Grazie, altri in ulteriori luoghi. Non trattandosi di un’elevazione, si è tentati di avvicinare questo nome al dialettale bataréll ‘bastone per la trebbiatura’, attestato in Leventina.
Notevoli campi un tempo di proprietà della parrocchia di Ronco; si estendevano con molta probabilità sopra e sotto l’odierna Via Barcone, a ovest della cappella del Materéll. Dagli anni Quaranta, vi sorge una casa costruita in sasso sotto la carrozzabile, chiamata «Casa Barcone». Il nome di luogo Barcón si estende anche alla carrozzabile costruita a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta; la strada costeggia il limite settentrionale del vecchio abitato e conduce a Brissago, nella frazione di Porta. Essa si sovrappone a una precedente strada tagliafuoco, che non oltrepassava di molto il margine del paese. Il termine barcón è un accrescitivo di barch ‘riparo o semplice cinta in cui si rinchiudevano i bovini in caso di cattivo tempo o durante la notte’ (cfr. RTT Sonvico 670, con rinvii ulteriori). Strutture del genere, con tettoia e cinta, si trovavano qui quasi esclusivamente a livello degli alpi. La variante morfologica e lessicale barcón (‘edificio in forma di tettoia’) era conosciuta nel Locarnese anche a basse quote. Appropriata pare qui l’attribuzione del nome a un luogo usato per la trebbiatura.
Luogo nel quale gli informanti ricordano un’antica osteria. Negli anni Venti la gestiva un tale Stemplowski con la denominazione di «Voce del Deserto». È attestata da una cartolina dell’epoca (v. il materiale fotografico in questo volume). Nel 1924, lo Stemplowski vendette la casa a Fritz Jordi, che vi abitò con la famiglia. Anticamente l’edificio era di proprietà degli Zucconi.