Complesso del vecchio abitato di Funtána Martína, a ovest della Vall de Funtána Martína; comprende quattro antiche case a torre contigue verso sud e due verso monte. Fu comperato nel 1924 da Fritz Jordi (1885-1938), tipografo, che vi fondò una colonia comunista. Jordi provvide a riattare gli edifici diroccati e il luogo fu per una decina d’anni ritrovo di simpatizzanti e anche di molti artisti. Lo stesso Jordi pubblicò per alcuni anni, insieme all’amico Heinrich Vogeler, noto grafico tedesco, una piccola rivista quindicinale, illustrata con belle silografie e intitolata appunto «Fontana Martina». La frazione acquistò in questo modo una certa notorietà. Il figlio dello Jordi, Pietro (1915-1998), vi tenne poi un atelier di ceramica. La base delle quattro case contigue è medievale; vi sono conservate finestrelle trilitiche murate e porte a grossi architravi sorretti da mensole. In queste case si trovarono vecchi libri dei conti con note di cronaca; da essi risultava che la casa più alta apparteneva nel Seicento e nel Settecento a una famiglia Lamberti (del ramo dei Lambertítt, secondo l’informante Elfo Lamberti), mentre le altre tre erano degli Zucconi (Rieger 2000, 218).
Archivio Autore: Alice Roobbiani
Importante frazione storica del comune; in una visita pastorale del 1595 è menzionata «anco la villa di Fontana Martina». Nel 1729 vi abitavano 13 famiglie, mentre il paese ne ospitava un centinaio . Il piccolo abitato si andò poi spopolando, in parte per ragioni di emigrazione, e fu abbandonato verso la fine dell’Ottocento. Nei primi decenni del Novecento, gli edifici erano in buona parte diroccati; poi, nel 1924, Fritz Jordi (v. la Ca di Iórdi 195) comperò una parte del vecchio insediamento. Grazie ai suoi lavori di ricostruzione il pittoresco agglomerato, che presenta vari elementi architettonici medievali, si è conservato fino ai nostri giorni.
Antico nome dell’abitato in riva al lago, ancora in uso negli anni Quaranta e poi abbandonato definitivamente per il più recente Pòrto Rónco.
Uno degli edifici più antichi di Porto Ronco. Fu costruito nella seconda metà del Settecento da due fratelli Cattaneo. Si trattò in effetti dell’ampliamento di una cappella preesistente dalla base di circa due metri per due chiamata “Cappella del Santissimo Rosario”. L’oratorio fu poi dedicato a Maria Assunta. Purtroppo parte degli affreschi andarono persi nei restauri del 1970 o addirittura in quelli del 1923. In occasione della festa dell’Assunta (15 agosto), era consuetudine la celebrazione di una messa; inoltre, vi si andava in processione per le rogazioni di marzo, che avevano lo scopo di benedire la campagna. A questo proposito, si dice vi partecipassero anche persone che, per il resto dell’anno, non frequentavano la chiesa. Le rogazioni duravano tre giorni: il primo giorno alle cinque di mattina, pregando o cantando le litanie dei santi, la processione partiva in direzione di Funtána Martína (186), il secondo giorno ci si recava al cimitero e il terzo alla Ríva. All’Oratòri da Ríva venivano pure battezzati i bambini nati in questa zona, in casa della levatrice Lena Nicora.
Piccolo delta della valle omonima. In passato era caratterizzato da bella campagna coltivata con uva bianca pregiata di proprietà dei Bettè, che vi tenevano un grotto. Più tardi, i coniugi Ritscher vi tennero un allevamento di pollame. Il torrente è oggi asciutto per la maggior parte dell’anno e le acque sono captate e sfruttate dagli impianti idroelettrici delle «Officine idroelettriche della Maggia» (Ofima). A Cródu la comunità usava recarsi per procurarsi della ghiaia. La zona era anche una sorta di bagno spiaggia di Ronco, priva di infrastrutture, ma molto apprezzata per la sua natura intatta.
Zona in riva al lago, dove si trova lo svincolo della strada che sale verso Ronco. Il luogo apparteneva a vari proprietari: Rosa Poroli Inselmo, Guglielmo Materni, Severo Spigaglia e i suoi fratelli. Si trattava di campi, e in parte anche di terreni incolti, dove sorgevano vari edifici diroccati. Il luogo fu acquistato nel 1923 dall’americano Gordon Mc Couch, artista pittore, che la trasformò in complesso abitativo riunendo due o tre piccoli edifici in riva al lago. Egli acquistò in tutto tredici appezzamenti di terreno, due case e una stalla, per una superficie complessiva di 4600 metri quadrati, distribuiti in quattro settori distinti. Gli edifici erano situati tutti in Puncedána; i terreni in parte anche in Ríva (a ovest), Stèla (a est), Crós (verso monte), come risulta dall’estratto censuario relativo (Fondo CS). Nella parte alta del fondo, Mc Couch riattò un altro edificio rustico per adibirlo ad atelier. Lo stabile porta oggi il nome “al Faro”. Dove sorgesse esattamente l’antico mulino menzionato nelle forme documentarie non è dato di sapere. La Vall de Rivói, al confine ovest della proprietà, forniva verosimilmente l’acqua che alimentava la struttura. Fino agli anni Sessanta, nel giardino della proprietà Mc Couch si ricorda un tavolo rotondo in sasso, con tutta probabilità costruito con un’antica macina. Sull’antica cartina schizzata a mano in occasione della compravendita (Fondo CS), è indicata lungo la valle una linea tratteggiata che rappresenta probabilmente l’antico sentiero di cui si parla in documenti dell’archivio comunale. Più che al riferimento a un ponte, sembra qui possibile pensare a un continuatore del latino pungere (e in particolare al suo participio passato), a indicare luoghi dalla conformazione appuntita, qui riferito alla riva del lago. Sulla punta rocciosa si costruì il muro dell’attuale porto.
Nuovo cimitero, approntato nel 1834 accanto alla Nunziáda, secondo le prescrizioni della nuova legge federale che proibiva le sepolture nelle chiese. Un tempo il cimitero veniva chiamato più comunemente el Campsánt, espressione usata ancora dall’informante Caterina Giger-Peduzzi (1899-1994), accanto al tipo lessicale cimitéri, del quale testimonia la Piázza del Semitóri.
Località di Gropalto (inizio XIX secolo) alla strada circolare di Gruppaldo.
Località attorno alla cappella omonima.
Cappella edificata a cavallo dell’antica mulattiera, con un portico sopra la strada e il piccolo edificio religioso esposto verso sud. Fino agli anni Quaranta, non vi era altro edificio a vista d’occhio da questo punto. L’antica mulattiera proseguiva in direzione di Arcegno, più in basso rispetto al tracciato dell’odierna strada, e costeggiava poi la piccola palude sotto il Mulín del Brümm, nel territorio comunale di Losone, per scendere infine lungo la strada detta Scarpuscénta. L’informante Pino Maranesi ricorda che gli asconesi pagavano ai ronchesi pochi franchi all’anno per la manutenzione della Scarpuscénta, finché questa convenzione venne abolita col pagamento di una piccola somma una tantum. Sotto il portico della cappella si trova una lapide di marmo bianco, che ricorda il lavoro secolare svolto dai ronchesi, insieme a uomini di Rasa e Palagnedra, nelle dogane di Firenze e Pistoia: «Ronco Palagnedra Rasa e coll’amica Norcia Romana che per cinque secoli ebbero il maneggio delle dogane di Firenze Pistoia Alessandro Molinari ultimo superstite pose». L’ultimo superstite di quella stagione, Alessandro Molinari, morto nell’anno 1900, pose la lapide verso la fine dell’Ottocento. La zona dove sorge appunto l’edificio è oggi una sorta di prolungamento del Pián Carignágh (263) dal punto di vista dell’urbanizzazione a ville di prestigio. [Barisello] sembra richiamare una denominazione più antica della cappella. Gilardoni (1980, 104) rinvia al termine milanese barisell ‘capo degli sbirri’, chiedendosi se non si tratti forse di una denominazione polemica, vista la collocazione della cappella al confine tra Ronco e Ascona. Rigutini (1875) riporta la definizione «capitano de’ birri / uffiziale forestiere, che comandava anticamente in Firenze un corpo di soldati posti alla guardia della città in tempi di tumulti e di sedizioni». Il termine bargello potrebbe essersi esteso ad accogliere il significato generico di ‘funzionario’, e Capèla del Bariséll potrebbe alludere agli impiegati nelle dogane fiorentine. A Poschiavo barisèll vale ‘individuo testardo’, ‘caparbio.
Zona abbastanza estesa, a monte di Via Gottardo Madonna fin verso il confine comunale con Ascona. Si ricordano due famiglie che vi abitavano. Una, soprannominata i Paolítt, di Intragna e di cui non si ricorda il cognome, risiedeva dove fu poi costruita la casa Madonna. Si tratta degli stessi Paolítt che stavano d’estate alla Camána e a Nacc, nel territorio comunale di Brissago, e che conducevano il bestiame fino ai Laghítt, un alpe oltre i Lanzó, in territorio di Bordei (Intragna). Negli anni Trenta, si parlava di un Paolíno di Laghítt. Nella zona si ricorda poi el Salomón, un forestiero, forse tedesco, che abitava dove ora trova sede la casa Wagner. L’attuale comune di Ronco fu fino al 1641 politicamente parte di quello di Ascona.